Ho conosciuto Francesca Rizzi durante un corso on line di Fashion Marketing. Ho scoperto così che Francesca non era solo una collega in formazione ma anche un’esperta consulente del settore moda, con molta esperienza a dispetto della giovane età, e una appassionata scrittrice. Francesca tiene un bellissimo blog e ha già pubblicato tre libri. Scopriamola insieme.
Raccontami chi sei
Sono una consulente manageriale e una Digital Marketing Specialist; ho una formazione di base di tipo economico avendo conseguito una laurea in International Management.
Dal punto di vista lavorativo ho maturato esperienza nella consulenza aziendale, per poi decidere tre anni fa di mettermi in proprio e cominciare a realizzare quello che era il mio sogno.
Sono sempre una consulente, perché questa resta la mia attività principale al momento, e come attività secondaria scrivo; scrivo soprattutto di moda e di start-up, le mie grandi passioni. Adoro conoscere e raccontare storie di persone, storie che si possono trovare anche all’interno del mio blog “Cool Closets”.
Quando nasce il tuo interesse per la moda?
L’interesse per la moda è qualcosa di connotato dentro di me, forse più che interesse per la moda direi un interesse per la creatività e trovo che la moda sia uno strumento di valorizzazione della creatività stessa. Il mio papà è un creativo di natura, l’ho sempre visto disegnare, creare e quindi anch’io disegnavo, creavo: mi è sempre piaciuta la manualità. La nonna, che era una sarta, mi ha avvicinato al mondo della moda; quando ero piccola trascorrevo tantissimo tempo con lei perché mamma lavorava e quindi mi faceva provare a cucire, incontrando così il mondo sartoriale. Inoltre, ho una zia proprietaria di negozi di abbigliamento: anche con lei passavo molto tempo e con lei ho conosciuto il mondo della moda ready to wear. Quando ho bisogno di rilassarmi faccio uncinetto, una mia grande passione.
Cosa ti ha portato a scrivere un libro sulla moda sostenibile?
Ho scritto un libro sulla moda sostenibile perché credo ci sia la necessità di sviluppare dei concetti di grandi sostenibilità ed inoltre perché credo sia un terreno molto fertile, dove si possano avere una serie di esperienze davvero interessanti da comprendere ed approfondire. E’ veramente una fucina di storie e soprattutto di talenti da valorizzare
A che punto siamo con la sostenibilità in ambito fashion in Italia?
Che dire: secondo me da una parte siamo messi bene, perché ci sono tantissime idee innovative e quindi ci sono tantissimi giovani e meno giovani che si stanno mettendo in gioco per riuscire a delineare quello che è un settore molto poco sostenibile; dall’altra parte però manca una fondamentale cultura alla sostenibilità. Questa cultura è ancora troppo poco insegnata, non viene adeguatamente mostrato che cos’è la sostenibilità e come questa deve andare a connotarsi. Spesso si è troppo concentrati sulla provenienza e la sostenibilità dei materiali, sottovalutando o trascurando la sostenibilità del processo produttivo, di tutte quelle fasi che portano alla definizione del prodotto.
Come si stanno muovendo le grandi firme del lusso?
Si stanno muovendo in modo diverso: c’è chi, ponendo veramente attenzione al tema della sostenibilità, sta rivedendo completamente quello che è il proprio modello di business; c’è chi lavora sulla sostenibilità creando per esempio delle capsule, dei transfer interni, delle piccole auto startup con focus su questo argomento così importante. Ma la vera questione è che i grandi brand ad oggi preferiscono mantenere comunque una forte attenzione nei confronti del loro main business e soprattutto tendono a mantenere il loro posizionamento aziendale per cui viene da dire che considerano la sostenibilità sicuramente una questione importante ma non primaria.
Prima di “Moda sostenibile - il cambiamento è possibile” hai scritto altri due libri…
Sì prima di “Moda sostenibile” ho scritto due libri: “Follow your dreams – they know the way” e “People for startup – le tre P delle startup”. Il primo è ispirato al mio blog, è una raccolta di interviste di artigiani tendenzialmente Made in Italy, mentre il secondo è una visione delle startup dal punto di vista delle persone. Infatti, il mio obiettivo non è stato quello di dare rilievo al disegno imprenditoriale quanto piuttosto al ruolo imprenditoriale all’interno di una startup. Una riflessione soprattutto su cosa significa e implica essere imprenditore oggi.
Chi tra i brand citati nel libro ti ha più colpito e perché
In realtà non c’è un brand che mi ha colpito maggiormente, sono tutti molto interessanti e innovativi, è difficile fare una scelta perché ognuno di loro ha dei connotati propri di grande particolarità che meritano di essere raccontati.
Il tuo prossimo progetto?
Un libro sulla ADAPTIVE FASHION, dedicata alle persone con disabilità.